Pur avendo identificato, normalizzato e validato gli stati emotivi, N.M. mostra comunque di non riuscire a controllare in alcune situazioni i suoi comportamenti impulsivi.
Dopo un incidente stradale causato dal suo bisogno incontrollato di correre con la macchina, N.M. si sente sfiduciato, incapace di controllare i suoi impulsi di cui conosce a “mente fredda” gli esiti negativi. Partendo dalla constatazione che il comportamento di “correre” sembra per N.M. imprescindibile, la terapeuta consiglia a N. di correre, di farlo quanto vuole e come vuole, ma al momento di farlo, di ricordarsi che è libero anche di scegliere di non farlo o decidere di farlo successivamente, un’ora dopo o il giorno dopo. Questo intervento induce N.M. a ridurre notevolmente il suo impulso a correre e, di fatto, negli incontri successivi N.M. riporta sempre più episodi in cui pensando che poteva correre “ ha scelto” di non correre. N.M. applica poi la stessa tecnica di ritardo e inibizione delle sue reazioni ad altri contesti e racconta episodi in cui sul punto di reagire , il pensiero di potere rinviare la decisione a dopo, aveva fermato il suo acting-out.
Il risultato ottenuto applicando la tecnica di inibizione e di ritardo della risposta rende N.M. più sicuro di sé e rinforza il comportamento di inibizione delle sue reazioni, generalizzandolo allo stesso tempo a diverse altre situazioni.
Queste modificazioni positive nel comportamento di N.M., esprimono un buon recupero delle sue funzioni esecutive, ottenuto anche attraverso la riabilitazione neuropsicologica cognitiva. Ora l’emozione di rabbia non viene più percepita solo come un ineluttabile starter di comportamenti impulsivi ma come il segnale di un problema che può essere affrontato con soluzioni diverse. La capacità di inibire la rabbia permette quindi di attivare processi di problem solving e decision making, regolati dai livelli neocorticali della attività mentale.